Una legge elettorale per mettere (quasi) tutti d'accordo

proporzionale di lista con preferenza unica in piccoli collegi

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  1. Henri Schmit
     
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    Una legge elettorale in grado di mettere d'accordo i principali avversari politici di oggi potrebbe essere la seguente: 1. Creare circa 150/160 collegi da 3 a 5 seggi ciascuno. Concretamente si tratterebbe di dividere in due i collegi più grandi da 6, 7, 8 o 9 seggi attualmente previsti dall'Italicum. 2. In ogni collegio si possono presentare candidati individuali o liste con un numero di candidati non superiore a quello dei seggi. 3. Ogni elettore dispone di un solo voto che vale sia per il candidato sia per la lista. 4. In ogni collegio si assegnano prima i seggi alle liste con una formula di ripartizione, idealmente la d'Hondt che evita di vantaggiare piccole liste. N.B. non c'è né riparto né correzione nazionale. 5. Poi si assegnano all'interno delle liste i seggi ai candidati in ordine di maggioranza relativa dei voti. Finita la procedura elettorale. Il modello corrisponde al sistema elettorale in uso dal 1955 in Finlandia dove le circoscrizioni sono tuttavia molto disomogenee e mediamente più grandi. La soluzione proposta rispetta scrupolosamente i principi costituzionali di voto uguale, libero e individuale, come interpretati dalla Corte Costituzionale nella sentenza 1/2014. Anzi, la soluzione è più rigorosa delle soluzioni ipotizzate nelle considerazioni della Corte. Garantisce piena libertà dei candidati, degli elettori e dei deputati. Risponde pure, fino a un certo punto, all'esigenza di favorire la formazione di un maggioranza, perché avvantaggia le liste più importante e esclude individui e liste che non sono in grado di raccogliere il 16, 20 o 24% circa dei consensi in almeno un collegio. Politicamente la soluzione assomiglia alla proposta del Movimento 5 Stelle di cui evita però i problemi creati dalla disomogeneità delle circoscrizioni e dalle modalità inutilmente fantasiose di espressione del voto. Ma produce risultati non molto diversi benché in modo più aleatorio dell'Italicum, cioè favorisce la o le liste più importanti. Accontenta infine tutti quelli che combattono adesso l'Italicum come prima il Porcellum in quanto lesivi dei diritti elettorali fondamentali.
     
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    Benvenuto.
    Mi dispiace deludere, ma personalmente non sono un appassionato di leggi elettorali.

    Personalmente mi sono negli anni rassegnato all'idea che nessuna legge elettorale sia pienamente soddisfacente e allora tanto vale accettarle per come di volta in volta capitano, vigilando però affinché non si arrivi alle tentazioni antidemocratiche (con l'azione politica e per esempio anche mediante i ricorsi, come è stato fatto) e perché la soglia della democraticità sia ben percepita nella altrettanta solidità della Costituzione (quest'ultima da mettere in discussione pochissimo e con grandissima prudenza).

    Comunque il ragionamento potrebbe essere senza dubbio interessante per chi si appassiona di questi temi.

    Temo per parte mia che non suonerebbe per nulla gradito alla attuale maggioranza parlamentare, per la quale sembrano molto più interessanti -in direzione del tutto opposta- le alchimie giocate sulle coalizioni fra liste (non l'attribuzione dei seggi alla lista). Se non mi sto sbagliando, stante l'attuale scenario partitico la proposta non sarebbe nell'immediato altro che un flatus vocis (o con maggiore ottimismo la costruzione di una base ideale per una futura convergenza politica negli anni a venire) .

    In ogni caso anche così sempre bene che se ne parli, non dispero che qualche Amico più attento di me a tali questioni voglia raggiungerci qui.
     
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  3. Henri Schmit
     
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    Grazie dell'attenzione. Non mi faccio illusioni, ma non mi arrendo nemmeno. Faccio da un po' di anni ricerche personali in tema di sistemi elettorali. Mi sono reso conto che si devono far prevalere le ragioni normative, ossia i diritti elettorali fondamentali, che sono diritti individuali, sanciti espressamente dagli articoli 48 (elettori), 51 (candidati) e 67 (deputati, libertà di mandato, intimamente legati ai due precedenti), sulle considerazioni politiche (forma e numero dei partiti, art. 49). In altre parole, anche se si sceglie un sistema proporzionale DI LISTA, non si deve rinunciare al rispetto dei diritti politici individuali. Quello che dovrebbe essere ovvio e che è rigorosamente rispettato in alcuni paesi, non è né rispettato nel diritto positivo (L. 270/2005 e L. 52/2015), né dalla giurisprudenza suprema (la sentenza 1/2014 non subordina i diritti di rappresentazione politici ai diritti elettorali individuali), né tanto meno dai protagonisti della scena politica e dai loro consulenti prevalentemente tecnici di scienze politiche (cf. d'Alimonte) o giuristi che ormai confondono il diritto e i diritti con gli obiettivi politici. La mia proposta avrebbe l'enorme vantaggio di prendere per buono quello che di buono c'è nella proposta del Movimento 5 Stelle per farne qualcosa che potrebbe andar bene a tutti i principali partiti politici. Bisogna rinunciare in toto all'Italicum che è radicalmente sbagliato: la Corte ha peraltro rilevato nel 2014 l'incoerenza di creare prima un sistema di lista per renderlo poi maggioritario. Questa critica si aggiunge alla doppia critica, l'una giuridica, dei capolista bloccati, l'altra solo politica, del premio di maggioranza. Ritengo che sia preferibile parlare nel deserto che non dire niente, essere anche propositivi che dire solo no.
     
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    Senza da parte mia entrare nel merito (la discussione -che mi dispiace ma proprio non mi appassiona- potrebbe spaziare da una assoluta uninominalità dei collegi fino all'estremo opposto di una loro completa soppressione), si potrebbe anche osservare come il criterio di una buona e condivisa legge elettorale possa essere idealmente collegato ad eventuali buone e prudenti revisioni costituzionali chirurgicamente circoscritte alla variazione del numero dei parlamentari: in un criterio elettorale prevalentemente proporzionale con una molteplicità di seggi assegnati nel medesimo collegio un elevato numero complessivo di parlamentari a livello nazionale avrebbe (come in effetti ha avuto in passato) il senso di favorire una maggiore e più pluralistica rappresentanza democratica, mentre in un sistema di collegi che esprimono pochissimi seggi il sistema seppur mutato nelle finalità ideali potrebbe continuare tecnicamente a funzionare ove il numero complessivo dei parlamentari venisse prima o poi ridotto (ammesso che la riduzione numerica costituisca un valore, qualcuno pensa di sì) senza che sia tale riduzione a modificare in maniera particolarmente grave i rapporti fra sentimenti di base dell'elettorato ed in definitiva fra forze politiche (l'innovazione, più o meno positiva che fosse rispetto al plurlismo e alla qualità della rappresentanza, starebbe nei collegi e non tanto nel numero degli eletti).

    Se poi si riesce oculatamente a differenziare il criterio di elezione fra le due Camere, ecco che si ottiene un bicameralismo che mantiene la virtù di essere paritario liberandosi però dall'aberrazione di essere perfetto.

    In altre parole, si può fare molto ed in maniera incisiva cambiando pochissime cose alla volta e sottoponendo la Costituzione solo a prudentissime e circoscritte revisioni, mentre se si pretende di cambiare molte cose contemporaneamente è forte il rischio di combinare un guaio peggio di prima.

    Temo però che nelle stanze del potere il ragionamento prevalente parta da ben differenti presupposti: che in termini di realizzazione della sovranità popolare l'Italicum sia peggio del Porcellum direi che ne sono consapevoli tutti, anche quelli che lo hanno votato.
     
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  5. Guido lanciano1
     
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    Sono d'accordo sulla proposta, ne avevo fatta girare una molto simile circa 5 anni fa, perchè mette insieme sia la democrazia partecipativa (proporzionalismo e scelta degli eletti), sia la territorialità (collegi piccoli) sia la governabilità (i piccoli partiti prendono seggi solo se radicati in un territorio).
    Faccio notare che questa proposta corrisponde praticamente a quanto uscirebbe dalla sentenza della corte se questa abolisse solo il ballottaggio. In questo caso il sistema proporzionale scatterebbe nel caso in cui nessun partito prende il 40% dei voti.
    Guido Lanciano
     
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    Mi fa piacere che la discussione si animi :) .

    E questo varrebbe per la Camera?
    E al Senato, se il Referendum andasse come noi tutti qui speriamo, come potrebbe essere?
     
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  7. Henri Schmit
     
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    Il dibattito sul Senato è più ampio di quello della procedura per designare i senatori. La prima domanda è che cosa deve fare il Senato? Garantire i cittadini, come finora, e su quali materie? Rappresentare interessi diversi da quelli nazionali? O svolgere un ruolo per migliorare la qualità formale della produzione legislativa? 1. Nel primo caso non essendo altro il Senato che uno sdoppiamento procedurale del Parlamento bisogna prevedere elezioni dirette simili a quelle della Camera, ma (contrariamente a quanto affermano eminenti costituzionalisti e la stessa Corte Costituzionale nella sentenza 1/2014) seguendo una procedura tecnica diversa, tutto sommato come già avveniva con l'ottima Costituzione del 1947. Sarebbe inutile avere due camere, se la loro composizione fosse uguale. Ma se la diversità della procedura non è problema, bensì un'esigenza, questo non significa che era perfetta la soluzione della vecchia legge elettorale per il Senato. Se i deputati sono eletti (secondo la proposta iniziale) proporzionalmente con voto di lista e preferenza unica in piccoli collegi allora i senatori, anche meno numerosi, potrebbero essere eletti in collegi uninominali, magari con condizioni di eleggibilità più restrittive (età, come nel passato, o addirittura essere stato deputato o rappresentante locale eletto direttamente). 2. Se i senatori rappresentano invece interessi territoriali, sarebbe preferibile farli nominare dai governi regionali e toglierli la libertà di mandato, cioè farne poco più di agenti, come avviene in Germania. In quel caso il senato non è più un secondo ramo del parlamento, bensì una camera di compensazione delle decisioni prese dai governi territoriali; sono gli enti territoriali che allora dovrebbero godere di certe garanzie costituzionali, fatte valere appunto attraverso questo senato degli interessi regionali. Un Senato rappresentativo degli interessi territoriali deve avere certe competenze in materia di legge di bilancio, visto che lì si decide la ripartizione degli introiti fiscali fra Stato e regioni. Far eleggere senatori rappresentanti degli interessi territoriali dalle assemblee regionali secondo le divisioni politiche nazionali e lasciarli la libertà di mandato, come fa la riforma sottoposta a referendum, mi sembra un controsenso che non può funzionare, perché forti della libertà di mandato i senatori voteranno restando fedeli alla loro appartenenza politica nazionale. Negli USA era inizialmente così, poi hanno capito e hanno deciso a favore dell'elezione diretta dei senatori, tornando quindi alla prima soluzione. 3. Terzo, il senato potrebbe essere un Consiglio di stato con un ruolo solo consultivo. Allora i senatori scelti per le loro competenze dovrebbero essere nominati, cioè eletti proporzionalmente dalla Camera dei deputati . Sarebbe un errore sottovalutare questo terzo ruolo: libertà di esprimere pareri, obbligo di esprimerli se richiesti, valore solo consultivo dei pareri, eventualmente sospensivo richiedendo nuova lettura alla Camera. Ma nessuno a mia conoscenza ha mai proposto questa soluzione, solo in apparenza poco democratica. In conclusione: prima di parlare di legge elettorale bisogna scegliere il ruolo del senato, garante di certe materie fra cui quelle costituzionali o rappresentazione degli interessi del territorio. La riforma Renzi-Boschi non avendo saputo scegliere crea solo confusione.

    Il sistema ipotizzato nel mio primo messaggio non è quello che uscirebbe da una doppia bocciatura da parte della Corte Costituzionale dei capolista bloccati e del premio di maggioranza con o senza ballottaggio, perché nel primo caso (la mia proposta) l'assegnazione dei seggi avviene esclusivamente all'interno dei collegi, mentre con l'Italicum emendato dalla Corte la ripartizione rimarrebbe prima (cioè essenzialmente) nazionale e avverrebbe solo dopo in subordine nei collegi, creando peraltro problemi tecnici notevoli di due proporzionalità sovrapposte. Meglio rinunciare alla proporzionalità nazionale.

    Edited by Henri Schmit - 11/10/2016, 15:22
     
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  8. Paolo Barbieri 72
     
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    Nonostante le dotte dissertazioni (di non facile comprensione almeno per i miei neuroni) resto affezionato all'uninominale di collegio a doppio turno, con tanti collegi quanti sono i seggi nell'unica camera (non è il numero delle camere che fa la qualità delle leggi, ma la qualità degli adetti) perchè:
    - i partiti sono indotti a presentare candidati decenti visto che la "competizione" è più fra le persone, ben conosciute nei piccoli collegi di lunga residenza, che non fra i partiti
    - al primo turno si salva il pluralismo e al secondo la governabilità
    - per la rappresentanza l'art. 67 "Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato." è molto chiaro: non esiste rappresentanza diretta elettori-eletto (altrimenti gli astenuti sarebbero figli di nessuno), ma l'insieme rappresenta la Nazione come tutti i suoi Cittadini.
    - età minima per accedere al Parlamento 50 anni (quelli previsti dalla Costitunte per la Camera Alta, il Senato) per avere una storia sufficientemente lunga e coerente tale da garantire le qualità del candidato e la sua affidabilità futura nel rispetto dell'art. 54
     
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  9. Henri Schmit
     
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    Non ho proposto una soluzione che preferisco, ma una che potrebbe essere accettabile a tanti, adesso, che Renzi si è dichiarato (per finta) disposto a riaprire il dibattito, che numerosi oppositori del PD (recente conferenza del senatore Tocci), costituzionalisti e la stessa Consulta sembrano prediligere un sistema 'proporzionale' - in realtà intendono 'di lista'. Il mio discorso mi sembrava semplice e chiaro, non inutilmente dotto o difficile a capire. Ho pubblicato analisi più articolate su forumquadernicostituzionali e su consultaonline, sulla sentenza 1/2014 e sulla legge 52/2015 rispettivamente. Ho pure pubblicato, su un settimanale lussemburghese, una settimana prima del recente articolo di Barber sul FT, un articolo 'Réforme constitutionnelle et électorale à l'italienne' in cui provo a mostrare perché la doppia riforma e il referendum rischiano solo di aggravare il declino del paese. Altre polemiche sterili non m'interessano.

    Edited by Henri Schmit - 7/10/2016, 07:09
     
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  10. Paolo Barbieri 72
     
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    CITAZIONE
    Altre polemiche sterili non m'interessano.

    Neppure a me!

    Infatti non mi sogno minimamente di pensare che chi non la pensi come me voglia fare solo sterili polemiche. Volevo solo esporre le mie preferenze motivandole con la semplicità che è consentita dalla mia superficiale (rispetto alla sua) conoscenza della materia.

    Se le sono risultato "sterilmente polemico", chiedo venia e mi taccio (onde evitare polemiche risposte)!

    Auguri per un Paese migliore!
     
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  11. Henri Schmit
     
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    1. Bello l'uninominale, se a doppio turno; peccato che apparentemente più nessuno (fra gli attori politici italiani) lo vuole.
    2. Tutti sembrano adesso preferire un sistema proporzionale (i.e. di lista).
    3. Un sistema proporzionale di lista con riparto nazionale e senza limitazioni (soglie, premi) porta, secondo un consenso quasi unanime, all'ingovernabilità.
    4. Una soluzione di compromesso sarebbe allora un sistema proporzionale di lista con riparto definitivo in piccoli collegi da tre a cinque seggi.
    5. Dopo il voto e riparto fra liste serve la selezione dei singoli eletti. In un sistema di lista, la modalità di voto più rispettosa delle libertà elettorali attive (elettori) e passive (candidati)è la preferenza unica che vale sia per lista sia per il candidato (tale sistema vige in Finlandia, dove tuttavia le circoscrizioni sono molto disomogenee, da uno ad oltre trenta seggi).

    6. Vero, è più importante la qualità dei deputati che il loro numero; ma in democrazia non è facile assicurare questa qualità. Vero, l'età può favorire, ma non garantisce nulla e non è proponibile in un mondo già pesantemente squilibrato a favore dei più anziani. Il modo più efficiente per favorire la qualità degli eletti è probabilmente un sistema elettorale libero, equo, aperto e competitivo, come quello qua sopra descritto, perfettamente equivalente sotto questo profilo all'uninominale.

    Per quanto riguarda il Senato bisogna prima chiarire che cos'è e che cosa fa. La riforma Renzi-Boschi creando un senato "rappresentativo degli interessi territoriali" con poteri pieni in materia costituzionale, poteri vaghi in materie europee ed internazionali, certi poteri in materia legislativa ordinaria, ma senza alcun potere per la ripartizione degli introiti fiscali fra centro e regioni, non ha saputo scegliere un modello preciso. A tutela dei cittadini è comunque sempre preferibile un'elezione diretta a un sistema indiretto, di secondo grado o di elezione delegata a terzi.

    L'unica cosa che intendevo immaginare era un sistema elettorale (voto di lista con preferenza unica in piccoli collegi, riparto proporzionale all'interno dei collegi senza correzioni nazionali) che - in teoria - potesse andar bene alla maggior parte degli antagonisti della scena politica attuale.

    Sapevo in partenza che non interessa nessuno. Ognuno ha la sua idea, superiore a quella degli altri, e chi veramente riesce a farsi ascoltare non è interessato a trovare una soluzione equa ed efficiente, conforme ai principi, ma un sistema che favorisca la sua parte.
     
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  12. Paolo Barbieri 72
     
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    Non faccio riferimento alla "casta politica" che indegnamente, anche se votata, occupa il Parlamento, per ottenere una buona legge elettorale, ma alla Sovranità Popolare Realizzata, con l'esercizio degli artt 71 e 50 in congiunzione sinergica, e se necessario del 40.

    E' necessario togliere ad una maggioranza la possibilità di promulgare una norma utile a perpetuare il proprio potere o ai partitini di garantirsi la sopravvivenza attraverso ricatti invece che con candidati eccellenti.

    E naturalmente mi fa piacere e mi conforta scoprire che anche Lei, esperto e/o molto informato sulla materia, apprezza in linea teorica, visto che pare di difficile ottenimento, l'uninominale a doppio turno.
     
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  13. Henri Schmit
     
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    Grazie dell'attenzione e della pazienza. Sono pienamente d'accordo anche con il corpo del suo precedente intervento. Sono da oltre trent'anni un difensore dell'uninominale. Ma non sono più così dogmaticamente convinto come una volta. Un sistema con piccoli collegi e un voto o ordinale (Irlanda) o di lista con preferenza unica bivalente (Finlandia) sono similarnente "liberi ed aperti", solo che assicurano la rappresentazione a individui o forze politiche che raccolgono il 20% circa in almeno un collegio. Non è esattamente quello che oggi tanti ritengono che siano condizioni di compromesso eque ed accettabili?
     
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  14. Paolo Barbieri 72
     
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    Non conosco a sufficienza quei sistemi per poter entrare puntualmente nel merito. Dovrei approfondire, ma al momento non posso. E' possibile che torni sul tema proposto.

    A presto!
     
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  15. Henri Schmit
     
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    Dimenticavo: Apprezzo il riferimento agli art. 50 e 71,2. La revisione sottoposta a referendum è, a mio parere, da rigettare anche perché non ha saputo ammodernare l'iniziativa popolare in tutti i campi, un'iniziativa che a certe condizioni dovrebbe obbligare il Parlamento a pronunciarsi e che potrebbe concludersi in caso di dissenso con un referendum. È invece giusto esigere condizioni (firme, quorum) molto severe piuttosto che banalizzare lo strumento. L'iniziativa vincolante è lo strumento del popolo sovrano per far prevalere il proprio giudizio su quello dei suoi rappresentanti, è la valvola di sicurezza del sistema costituzionale. La costituzione elvetica è forse l'unica a tener effettivamente conto di questa esigenza strutturale.

    Edited by Henri Schmit - 11/10/2016, 15:13
     
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