Un “intellettuale collettivo” per forgiare la consapevolezza dell’alternativa

Quale avvenire per i comitati?

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    Un “intellettuale collettivo” per forgiare la consapevolezza dell’alternativa

    (proposta, a titolo personale, di Socrates Negretto aderente al comitato padovano)



    Nel solco della tanto efficace quanto celebre definizione di società «liquida»1, il NO del 4 dicembre ha metaforicamente assunto le sembianze di un magma ove far confluire i disagi provocati anzitutto da una precarietà sempre più pervasiva e spietata2. La sua spinta incontenibile e tendenzialmente slegata a qualsiasi indicazione (sia essa politica, religiosa, istituzionale)3 potrebbe generare timore visti gli sbocchi imprevedibili – per molti aspetti preoccupanti – che potrebbe cercare.

    Il titanico compito che il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale dovrebbe assolvere sarebbe quello d’indirizzare questo disagio verso la consapevolezza che una reale discontinuità rispetto all’attuale sfacelo non solo esiste, ma si può concretizzare seguendo il dettame della nostra Carta fondamentale.

    In un panorama sociale ove persino la scuola4 viene strutturata in modo tale da debellare la capacità di «esplorare le possibilità di salvezza tramite la facoltà di distinguere»5, contribuire a smentire la narrazione dogmatica secondo la quale «non c’è alternativa» alla mercificazione dell’esistenza6 e al prevalere della speculazione economica sulla dignità dell’individuo sarebbe uno straordinario risultato. La nostra Costituzione è intimamente innervata di richiami all’alternativa da perseguire, e sebbene assuma di volta in volta definizioni diverse non è difficile scorgere un comun denominatore che lega assieme l’«interesse della collettività» (art. 32), l’«utilità sociale» (art. 41), l’«interesse generale» (artt. 35, 42, 43, 118), i «fini sociali» (ancora art. 41), la «funzione sociale» (artt. 42, 45), l’«utilità generale» (art. 43) fino ad arrivare al «pubblico interesse» (art. 82).

    La realizzazione di un progetto finalizzato a far prevalere questi valori sull’idolatria del denaro è compito arduo. Nonostante ciò, diffondere la conoscenza del pensiero critico ad una massa di cittadini immersa da anni in un tanto ostile quanto unanime coro politico-mediatico richiede la capacità di elaborare proposte concrete. Una volta dimostrata – alla luce della propria condizione – la fallacia di «riforme» che vedono nella democrazia un odioso ostacolo allo sviluppo, la possibilità d’invertire la rotta non può che passare dal restituire forme di controllo democratico all’attività economica7: separando rigorosamente le ordinarie funzioni commerciali di una banca dalle attività d’investimento8; imponendo un limite alle dimensioni del bilancio degli istituti finanziari9; ponendo come condizione per la creazione e il commercio dei titoli derivati la presenza di un sottostante reale; vietando (o riducendo notevolmente) le possibilità di portare voci importanti fuori bilancio per mezzo dei Veicoli d’investimento strutturato; limitando le connessioni internazionali tra grandi gruppi finanziari10

    Si potrebbe proseguire a lungo, specie nell’affascinante compito di prefigurare le attività produttive che una finanza opportunamente riformata dovrebbe svolgere in luogo delle parassitarie speculazioni che dominano la sua attività odierna (a titolo di esempio, allo Stato potrebbe spettare il compito di orientare gli investimenti verso la cura del dissesto idrogeologico; la manutenzione delle ferrovie; la messa in sicurezza delle scuole; la ricerca rivolta ad ambiti decisivi quali le energie rinnovabili e lo smaltimento dei rifiuti; etc.) giungendo quindi a realizzare quell’«utilità sociale» che la Costituzione indica con insistenza.

    Come si può evincere da questa sommaria descrizione, le proposte non mancano. Di progetti se ne possono escogitare talmente tanti da rendere eccessivamente pessimista il giudizio espresso dalla pur brillante Anna Falcone, che in una recente intervista parla di «diseguaglianze» e «tramonto del lavoro come fonte di reddito» alla stregua di una condizione irreversibile11.

    Fissate le premesse ideali, sorge il dilemma sulle modalità con cui il Coordinamento intende perseguire la diffusione del pensiero critico raggiungendo la più ampia platea d’interessati (segnatamente coloro che hanno votato NO ma non trascurando coloro che hanno votato SÍ perché persuasi della mancanza di alternative).
    Da escludere la via del partito politico: la Costituzione – a partire dalla sua quasi unanime approvazione in sede Costituente – rappresenta per definizione il momento unificante di tutti i cittadini. La Costituzione fissa la premessa, non l’esito del confronto democratico. In essa si riconoscono le culture più disparate, difficilmente riassumibili in un’unica piattaforma politica. Anche le proposte sopra enumerate possono tranquillamente essere abbracciate da tendenze avverse alla sinistra: nella storia, il più celebre tentativo di regolamentazione dell’attività finanziaria proviene da un documento (il Piano di Chicago) i cui redattori vantavano una fiera cultura liberale. Discorso analogo per i principali esponenti del New Deal nonché per gli autori di un recente documento pubblicato nientemeno che dal Fondo monetario internazionale12.

    Se l’obiettivo è quello di far ottenere alle nostre idee un posto di primo piano nel dibattito pubblico, un esempio da seguire lo troviamo dinnanzi ai nostri occhi, quale nostro principale avversario: il neoliberalismo. Dovremmo riuscire a copiare l’offensiva (in termini di produzione culturale, elaborazione di proposte, martellamento in tutte le sedi possibili) che l’ideologia neoliberale ha messo in campo senza incontrare adeguate resistenze nel settore avverso13. Ai giorni odierni si faticano persino a contare i pensatoi e i think-tanks che propagano tale credo14: dal Cato Institute all’Adam Smith Institute, dall’Heritage Foundation all’Institute of Economic Affairs, dall’Istituto Aspen alla Société Mont-Pelerin, quest’ultima definita «uno dei più potenti corpi di conoscenza della nostra epoca»15.

    Cosa manca al Coordinamento per la Democrazia Costituzionale per poter ambire a fregiarsi anch’esso di tale epiteto? In occasione della campagna referendaria abbiamo potuto contare sull’ammirevole collaborazione dei più autorevoli accademici, di prestigiose associazioni civiche (in primis Anpi, Libertà e Giustizia), di un attivismo sorprendentemente diffuso considerata la tutt’altro che agevole comprensione dell’oggetto del dibattito. I critici del neoliberalismo «dovrebbero imparare dal grande successo che gli intellettuali neoliberali hanno avuto applicando nell’interesse del capitale il concetto di un marxista, ossia quello di “egemonia culturale” di Gramsci», scriveva qualche anno fa uno studioso austriaco16.
    Con colpevole ritardo, possiamo intraprendere il faticoso cammino.

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    1. Z. Bauman, «Paura liquida», Roma-Bari 2016, Laterza.

    2. G. Standing, «Precari. La nuova classe esplosiva» [2011], il Mulino, Bologna 2012. Il titolo non rende in modo corretto l’originale «dangerous class».

    3. «L’Italia che emerge dai sondaggi condotti nel corso del 2013 dall’Istituto Demos & Pi (www.demos.it) appare un Paese senza patrie, né grandi né piccole, senza riferimenti comuni e condivisi. Abitato da una società orfana delle istituzioni, ma in movimento continuo e diffuso. Alla ricerca di comunità, di appigli a cui attaccarsi. Per ora, con scarsi esiti» (da I. Diamanti, «Democrazia ibrida», Roma-Bari 2014, Laterza).

    4. «La politica della formazione è diventata […] un elemento stabile della politica dell’occupazione e dell’economia. Essa serve in prima linea alla crescita economica, alla competitività e alla mobilità» (da L. A. Pongratz, «Bildung im Bermuda-Dreieck. Bologna – Lissabon - Berlin», in «Schulheft», n. 139, Studienverlag, Innsbruck – Wien – Bozen 2010, p. 41).

    5. J. Birkmeyer, «Kritische Bildung perdu? Einsprüche gegen das neoliberale Hochschulklima», in U. Reitemeyer e J. Helmchen (a cura di), «Das Problem Universitäten. Eine internationale und interdisziplinäre Debatte zur Lage der Universitäten», Waxmann, Münster 2011, pp. 69-74. La proposizione citata si trova a p. 21.

    6. Nelle leggi di riforma del mercato del lavoro promosse in Germania da Peter Hartz troviamo frequentemente lemmi quali «io-impresa» («Ich-Gesellschaft») e «famiglia-società per azioni» («Ag Familie», dove Ag sta appunto per «Aktien-Gesellschaft»). Come ebbe a riassumere una docente di scienza politica: «Tramite discorsi e politiche che promulgano i suoi criteri, il neoliberalismo produce attori razionali e impone la ratio del mercato per la presa di decisione in tutte le sfere» (da W. Brown, «Critical Essays on Knowledge and Politics», University Press, Princeton 2005, cap. III, «Neoliberalism and the End of Liberal Democracy», pag. 40).

    7. Proposte in tal senso si possono reperire in vari testi. Fra i principali R. A. Werner, «Toward Stable and Competitive Banking in the Uk. Evidence for the Icb», Centre for Banking, Finance and Sustainable Development, University of Southampton, Southampton 2010; «Good Banking Summit Report», the new economics foundation, London 2011; H. Peukert, «Die grosse Finanzmarkt – und Staatsschuldenkrise. Eine kritisch-heterodoxe Untersuchung», cap. IV, «Ist ein Leben ohn Finanzkrisen möglich? Reformvorschläge für stabile Finanzmärkte», pp. 297-568.

    8. Tra le proposte più approfondite per frammentare le banche vedi R. Hickel, «Zerschlagt die Banken. Entmachtet die Finanzmärkte. Eine Stretschrift», Econ, Berlin 2012.

    9. Per una stima delle sbalorditive dimensioni del sistema bancario europeo bastino gli attivi delle banche dell’Eurozona (escluso quindi il Regno Unito): nel 2011, essi corrispondevano al 300 per cento del Pil della zona stessa. Negli Usa, gli attivi bancari non arrivano al 100 per cento del Pil (da J. C. Shambaugh, «The Euro’s Three Crises», in «Brookings Papers on Economic Activity», XXXIII (marzo 2012), n. 2, pp. 157-231).

    10. Una ricerca dell’Istituto federale di Tecnologia di Zurigo ha individuato 147 corporations «superconnesse», in quanto ciascuna possiede in media partecipazioni azionarie in centinaia di altre società, al punto da controllare il 40 per cento delle società dell’intera rete. Tra le prime 50 di esse per numero ed entità delle connessioni di proprietà e controllo, addirittura 48 – il 96 per cento – sono gruppi finanziari: banche, fondi di varia natura e assicurazioni. Di questi gruppi 18 sono europei. In cima alla lista figura un gruppo britannico: Barclays. Seguono tra i primi 20 (dei 48) Axa (assicurazioni), Legal and General Groups, Ubs, Deutsche Bank, Crédit Suisse, Natixis. In totale, i 18 megagruppi finanziari europei controllano migliaia di società in tutto il mondo, finanziarie e non. (Dati ripresi da A. Coghlan e D. MacKenzie, «Revealed. The Capitalist Network that Runs the World», in «New Scientist», XXII (ottobre 2011), n. 2835, pp. 8-9).

    11. Qui il link

    12. J. Benes e M. Kumhof, «The Chicago Plan Revisited», Imf, Washington, agosto 2012, Working Paper n. 202.

    13. Per un severo giudizio rivolto sia al neoliberalismo per i guasti che ha provocato nel mondo, sia alle sinistre per la totale incapacità di contrapporvi un pensiero alternativo, alla quale si deve se, a onta della crisi, il primo appare essere più che mai il pensiero egemone in economia come in politica, si veda P. Mirowski, «Never Let a Serious Crisis Go to Waste. How Neoliberalism Survived the Financial Meltdown», Verso, London 2013.

    14. Come ha notato James K. Galbraith, riandando ai primi anni Ottanta quando dirigeva un comitato economico del Congresso Usa, il raffronto con i sostenitori del pensiero neoliberale era particolarmente frustrante. «Per quanto uno fosse in disaccordo con loro – ricorda Galbraith – queste erano persone che credevano [enfasi nel testo]. Erano idealiste. Avevano la forza della convinzione. Peggio ancora, erano loro a stabilire i temi da porre in agenda. E inducevano a pensare: se mai avessero ragione?» (da J. K. Galbraith, «The Predator State. How Conservatives Abandoned the Free Market and Why Liberals Should Too», Free Press, New York 2008, p. 3).

    15. D. Plehwe, «Introduction», in D. Plehwe, P. Mirowski (a cura di), «The Road from Mont Pèlerin. The Making of the Neoliberal Thought Collective», Harvard University Press, Cambridge-London 2009, pp.1-42: 3.

    16. S. Schulmeister, «Das neo-liberale Weltbild. Wissenschaftliche Konstruktion von “Sachswängen” zur Förderung und Legitimation sozialer Ungleischheit», in F. Klug e I. Fellmann (a cura di), «Schwarzbuch und Globalisierung», in «Kommunale Forschung in Österreich», Ikw-Schriftenreihe, n. 115, 2006, p. 154, n. 1.
     
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    Molto interessante. Veramente molto.
    Può darsi che differenze di cultura politica di provenienza ci separino, però apprezzo notevolmente l'approccio "alto" e l'individuazione di punti fondanti nella buona Costituzione, nella formazione del Cittadino al pensiero critico e nella rimozione della eccessiva mercificazione in quanto contrasto alla attuazione piena dei principi costituzionali.
    Credo che in definitiva "venire fuori" con documenti di questo tipo -e dibatterli- sia la strada maestra da seguire. L'unico modo per costruire una aggregazione di pensiero che salvaguardi la autonomia critica delle persone e dei gruppi, che magari si riconscono ancora entro schemi del passato, per costruire qualcosa di importante e di originale.

    Attenzione però, perché i distinguo potrebbero essere veramente forti: sia nella lettura storica che nella individuazione del perimetro degli interlocutori, dal giudizio storico su ANPI (che io da antifascista vedo in termini assai più problematici) alla esatta posizione della linea di confine con il mondo liberale (quanto di buono c'è tutt'oggi nel pensiero liberale quando esso è capace di esprimersi fuori dagli egoismi!), fino ad una differente visione del rapporto fra lavoro e finanza e ad una possibile del tutto particolare percezione (fuori -beninteso- della citazione riportata) dell'espressione "io-impresa".

    Nondimeno bene, bene una produzione di pensiero che miri per prima cosa a valori elevati.
    Ancora meglio trattandosi di valori aperti ad ulteriore elaborazione che intanto non contraddicono quanto finora circolato anche su questo Forum, ma stemperano la fretta di talune priorità forse ingannevoli (senza cadere nella tentazione di acclamare all'urgenza di controriforme costituzionali o nella eccessiva passione per troppo specifici modelli elettorali).
     
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    Sono lusingato per il generoso giudizio offerto a questo contributo. Che vi siano distinguo e dubbi - pur condividendo in linea di massima le tesi riportate - è quanto mai salutare per un Coordinamento ove la pluralità è sempre stata ritenuta un punto di forza.
    Ben vengano i fautori del pensiero liberale (ben distinto da quello neoliberale), i quali dovrebbero essere i primi sostenitori di regolamentazioni dell'attività finanziaria: l'economia mista, l'intervento dello Stato in economia, non fu infatti nel secondo dopoguerra il trionfo dello Stato contro il mercato, ma per un'economia di mercato che si coniugasse con l'interesse collettivo, con l'equa distribuzione delle ricchezze e dei redditi, in un percorso stabile di crescita che risentisse il meno possibile delle oscillazioni dovute all'incertezza. Un modello che ha conseguito successi spesso sottovalutati.

    Edited by Socrates - 16/1/2017, 10:31
     
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  4. Paolo Barbieri 72
     
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    Il titanico compito che il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale dovrebbe assolvere

    Non è affatto un compito titanico, piuttosto scontato ed evidente, che ci viene dalla dichiarata e consolidata sfiducia nell'offerta politica che da lustri raggiunge il 95% (CENSIS, DEMOS). Ho già scritto decine di volte "sulla necessità di una frattura, una cesura tra presente e futuro per interrompere la trasmissione della mediocrità da un Parlamento al successivo e di come manchi solo un catalizzatore, un innesco, un caglio. E' questa la funzione che attende il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale. E la Costituzione offre 2 artt perfetti per questa funzione, il 50 e il 71, che consentono la Democrazia Diretta Propositiva da applicare a quelle norme e riforme, le più attese dalla Cittadinanza, le più necessarie per il Paese...

    Cari Socrates e De Donno, non sono le ottime proposte che mancano, ne sono strapieni biblioteche, ram di memoria e archivi, firmate dalle milgiori espressioni culturali del Paese: ciò che difetta è solo il modo, la via, lo strumento perchè esse diventino realtà.

    E attraverso il solito percorso del voto politico è ben difficile che possa avvenire, come dimostra la storia del nostro degrado e declino condotto e guidato da un Parlamento sempre peggiore del precedente come qualità media. E senza fatti nuovi, che non vuol dire "nuovo partito" che ne sorgono continuamente, ma "percorso nuovo", è difficile coltivare speranze, giacchè anche il "nuovo" M5S non può offrire alcuna garanzia mancando esso di storia, titoli, qualità e padri nobili che G&C non li sono.

    Ci sono norme che attendono solo di essere offerte alla Cittadinanza perchè diventino fattore aggregante di estrema efficacia, e basti citare quelle norme che il pg Gratteri ha richiamato a Presa Diretta lunedì 9/01 per ridurre del 70% le prescrizioni dei processi penali e di 70 milioni l'anno le spese di trasferimento dei detenuti nelle varie sedi processuali, a cui si può aggiungere la norma anticorruzione o le manette agli evsori come l'Europa ci insegna e l'azzeramento del consumo di suolo agricolo...

    Non voler capire queste banalità...vuol dire essere complici, solo forse inconsapevoli...
     
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    Il percorso tracciato da Barbieri è indubbiamente interessante. Temo tuttavia non sia ancora condiviso da una quota sufficiente di cittadini non solo nei suoi dettagli, ma soprattutto nelle sue premesse.
    Il compito titanico è proprio questo: far maturare in quante più persone possibili la consapevolezza che la realizzazione di un'agenda alternativa passa dalla partecipazione, non dalla delega al capo di turno. Sugli strumenti per realizzare al meglio la partecipazione è giusto che si apra il più ampio dibattito, ma finché una massa considerevole di cittadini riterrà la dialettica democratica un dispendioso ozio questi dibattiti rimarranno solo interessanti spunti per sparuti addetti.
     
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  6. Paolo Barbieri 72
     
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    Una Cittadinanza a cui l'OCSE assegna un 47% di analfabetismo funzionale e il compianto prof De Mauro, studioso del linguaggio, solo una quaota tra il 20 eil 30%, ma più vicina al 20, capace di capire comunicazioni bancarie o le istruzioni allegate ad un medicinale, attende solo di essere presa per mano e condotta fuori dalla palude delle proprie sofferenze, da quella elite culturale, da quella" aristocrazia narurale" portatrice del rigore morale e culturale come dell'orientamento al bene comune indispensabile per quel compito.

    E lo chiede come può ad ogni occasione: quando la demoscopia gliene offre l'opportunità, ad ogni scadenza elettorale con l'astensionismo crescente e offrendo al M5S ed al suo programma universalmente conosciuto, il vaffa di Grillo urlato e reiterato, perchè nelle liste e nelle schede elettorali non trova più alcuna affidabilità.

    Non possiamo chiedere a questa Cittadinanza, portata al regresso culturale da un potere cinico per meglio orientarne il consenso, un contributo propositivo che non può dare, solo per soddisfare il nostro voler essere "profondamente democratici" e coinvolgere ad ogni costo "il basso" oltre il suo desiderio e possibilità.

    Il compito titanico di far maturare quante più persone possibili chi può farlo se non quell'elite culturale, quell'aristocrazia naturale orientata al bene comune, una volta che dal Parlamento potrà disporre di tutti gli strumenti indispensabili? Non certo la mediocrità offensiva attuale, che si guarda bene dall'emancipazione della Cittadinanza!

    Non delega al capo di turno, ma a quella elite che in una società complessa ha le qualità indispensabili che solo la storia personale può garantire: in un Parlamento che deve guidare 60 milioni di persone verso un progresso continuo, possono stare solo le eccellenze, non certo gente da galera come Cuffaro e Cosentino, Dell'Utri e Previti, Genovese e De Gregorio, o da avanspettacolo come Razzi e Scilipoti.

    E alla nuova legge elettorle bisogna chiedere una griglia estremamente selettiva in grado di tenere fuori dalle candidature e dal Parlamento questo infimo sociale che deve starne molto lontano.
     
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  7. Jacopo Tolja
     
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    "Intellettuale Collettivo", suona un po' come Intelligenza Collettiva ma un po' più elitaria, appunto, oggi gestita da think-tanks come quelli enumerati dal Sig. Socrates. Senza contare quelli che addirittura offrono premi in milioni di dollari offerti da singoli per risolvere i problemi della società moderna tipo globalchallenges.org o alle centinaia di milioni dei bandi della Commissione Europea ad uno dei quali ho proposto un progetto triennale con un partenariato di 14 entità in 5 stati d'Europa (Airesis.EU se qualcuno è interessato posso fornirne copia) ma che non è stato accettato perchè di soluzioni vere non se ne generino e lo status quo venga mantenuto. Non scordiamo di ricordare che ognuna di queste organizzazioni, think-tanks incluse, alla fine hanno una loro agenda. Spesso decisa da chi li gestisce e molto più spesso da chi li finanzia. Come fare? per forgiare tale consapevolezza. Io l'ho identificato nella creazione di una massa critica che sia talmente coesa che le proposte che sviluppa e decide democraticamente non possano essere disattese da chiunque si arroghi il diritto di rappresentarci. E per fare questo è necessario usare le metodologie e tecnologie che ho enunciato in questo stesso forum aggiungendoci pure un provocatorio sondaggio. Wow! ha collezionato 11 visite 0 votanti e 0 risposte ad oggi dal 16 di Dicembre! Ouch!

    Desolante, soprattutto quando ho tentato più volte ed in diverse occasioni di indirizzare le energie perchè ci si muova perlomeno in tale direzione sin dal 18 di Marzo!
    Titanica, veramente titanica impresa se non si riesce a seguire una traccia, un idea, che venga perlomeno analizzata. Sono d'accordo con Socrates il sistema della delega è malato, sono d'accordo con la Falcone il voto del 4 è stato un successo perchè la gente ha partecipato dato che poteva influire concretamente sul corso degli eventi (senza quorum, molto importante!)
    Per ritrovarsi un Gentiloni che sta mettendo radici invece di maturare il frutto.

    Quindi? Un gruppo di intellettuali che faccia cosa? Io credo che ci voglia un'idea dirompente, che genera un percorso con un team di persone altamente preparate tecnicamente e dove ognuno faccia la sua parte perchè il tutto prenda forma e si riesca dare uno strumento tecnologico e a comunicarlo, che permetta a quelli che hanno capito che l'unica via (Socrates la chiama alternativa! io non ci riesco ma fondamentalmente è la stessa) sia l'attuazione di quei valori espressi nella costituzione che richiamano al bene comune.
    Concludo sperando che il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale si fregi al più presto di essere il più potente corpo di partecipazione della nostra epoca dimostrando al mondo intero che la creatività degli italiani non ha pari.
    Consideratela una proposta a titolo personale di Jacopo Tolja associato di Tecnologie Democratiche e fondatore di

    Italia Democratica, idea che vorrei venisse presa in carico dal CDC.

     
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    Concordo con Jacopo. Il gruppo d'intellettuali (noi aderenti al Coordinamento) dovrebbe impegnarsi assiduamente nella divulgazione dei contenuti della Costituzione intravedendo in questi le basi di una diversa visione della società, radicalmente opposta rispetto a quella che politica e media ci offrono quotidianamente.
    Il Comitato di Padova, ad esempio, è già in contatto con alcune scuole superiori al fine di organizzare incontri con gli studenti dedicati proprio al dettame costituzionale. La platea a cui rivolgersi deve necessariamente essere la più vasta possibile.
    Si tratta, in sostanza, di rispondere a quel grido di dolore che il prof. Gallino lanciò sulle pagine di Repubblica poco prima di lasciarci:

    "Se si potesse chiedere a Gramsci come mai le sinistre europee comunque denominate, a cominciare da quelle italiane, sono state travolte senza opporre resistenza dall’offensiva egemonica del neoliberismo partita nel 1947 dal Mont Pèlerin, forse risponderebbe: perché non li avete saputi imitare. Al fiume di pubblicazioni volte ad affermare l’idea dei mercati efficienti non avete saputo opporre niente di simile per dimostrare con solidi argomenti che i modelli con cui si vorrebbe comprovare tale idea si fondano su presupposti del tutto inconsistenti.
    Inoltre, proseguirebbe Gramsci, dove sono i vostri articoli e libri che, rivolgendosi sia agli esperti che ai politici e al largo pubblico, si cimentano a provare ogni giorno, con solidi argomenti, la superiorità tecnica, economica, civile, morale della sanità pubblica su quella privata; delle pensioni pubbliche su quelle private, a fronte degli attacchi quotidiani alle prime da parte dei media e dei politici, sulla base in genere di dati scorretti; dello Stato sulle imprese private per produrre innovazione e sviluppo, oggi come in tutta la seconda metà del Novecento; dell’importanza economica e politica dei beni comuni, sull’assurdità della privatizzazioni? Poiché la natura ha orrore del vuoto, il vuoto culturale, politico, morale delle sinistre è stato via via riempito dalle successive leve di lettori, elettori, docenti, funzionari di partito e delle istituzioni europee istruite dall’intellettuale collettivo sortito dalla Mps (Mont Pèlerin Society, ndr.). Il consenso bisogna costruirlo, e la Mps ha dimostrato di saperlo fare. Le sinistre non ci hanno nemmeno provato."
     
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  9. Paolo Barbieri 72
     
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    Concordo con Jacopo. Il gruppo d'intellettuali (noi aderenti al Coordinamento) dovrebbe impegnarsi assiduamente nella divulgazione dei contenuti della Costituzione intravedendo in questi le basi di una diversa visione della società, radicalmente opposta rispetto a quella che politica e media ci offrono quotidianamente.
    Il Comitato di Padova, ad esempio, è già in contatto con alcune scuole superiori al fine di organizzare incontri con gli studenti dedicati proprio al dettame costituzionale. La platea a cui rivolgersi deve necessariamente essere la più vasta possibile.
    Si tratta, in sostanza, di rispondere a quel grido di dolore che il prof. Gallino lanciò sulle pagine di Repubblica poco prima di lasciarci:

    Si può forse non essere d'accordo con questo enunciato? Certamente NO!

    Resta solo da chiederci: "E' possibile questa "rivoluzione culturale", perchè di questo si tratta, quando le istituzioni perseguono l'opposto? Quali risultati sarebbero possibili per la buona volontà di gruppi di volontari, anche molto motivati dall'atezza dell'impegno?"

    L'impegno profuso nella società da numerose associazioni benemerite, Libertà e Giustizia, CittadinanzAttiva, Libera, Gruppo Abele, etc., che da anni si spendono senza riserve anche in questo ambito, non hanno potuto che assistere all'avanzare del degrado e declino del Paese.

    L'inversione da percorso di regresso a evoluzione di un intero popolo, non può prescindere dall'impegno delle istituzioni che lo vogliano ed investano su di esso tutto il potenziale umano, strumentale (MIUR, RAI, editoria, etc.) e finanziario.

    Senza spostare la mediocrità dal palazzo, per fare posto al rigore morale e culturale coerentemente orientato al bene comune, perseguire obiettivi di crescita interiore resta una bella intenzione e un nobile impegno che può produrre solo buoni frutti per alcune fortunate persone, ma non incidenti sul divenire della società.

    Paolo B.
     
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    In questo frangente godiamo di fattori peculiari che possono favorire l'attecchire delle idee del Comitato rispetto a quanto si poteva sperare anche nel passato più recente:

    1. Col NO al referendum, una quota considerevole di cittadini ha dimostrato di comprendere che la strada intrapresa da questi governi è deleteria. Il progetto di redistribuire la ricchezza dall'economia reale al circuito finanziario viene rigettato con disprezzo, sia che abbia il volto austero dei tecnici, sia che acquisisca i dettami del marketing populista.

    2. Sono de facto prosciugate le appartenenze: anzi, si registra un divario sempre più acuto tra i cittadini e la politica. In questo elettorato estremamente mobile, la nostra analisi fortemente ponderata e puntigliosamente documentata potrebbe risultare allettante.

    3. Il combinarsi di crisi economica e di crisi ecologica rappresenta un parametro oggettivo per far comprendere l'erroneità delle politiche perseguite sinora. Millantare l'intrinseca superiorità del privato rispetto al pubblico diviene sempre più arduo se solo si prova a domandare dove e come nasce l'attuale crisi.

    Per quanto impervio, ci troviamo nelle condizioni migliori per avviare il percorso.

    Edited by Socrates - 18/1/2017, 14:16
     
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  11. Paolo Barbieri 72
     
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    Per quanto impervio, ci troviamo nelle condizioni migliori per avviare il percorso.

    Che sia un momento molto favorevole è molto vero: il 95% della CittadInanza non ha più alcuna fiducia nella politica tradizionale (CENSIS, DEMOS), il perdurare della crisi alimenta il rancore verso la casta, giustamente ritenuta responsabile, e la ricerca di affidabilità.

    1) Ma se è vero che l'OCSE assegna all'Italia un 47% di analfabetismo funzionale e il prof. De Mauro nei suoi studi e ricerche afferma che solo una quota vicina la 20% è in grado di capire comunicazioni bancarie e istruzioni allegate ad un medicinale, non mi fiderei troppo della possibilità che
    CITAZIONE
    una quota considerevole di cittadini ha dimostrato di comprendere che la strada intrapresa da questi governi è deleteria. Il progetto di redistribuire la ricchezza dall'economia reale al circuito finanziario viene rigettata con disprezzo, sia che abbia il volto austero dei tecnici, sia che acquisisca i dettami del marketing populista.

    2) Perchè le nostre analisi risultino allettanti, devono essere soprattutto semplici, comprensibili, e soprattutto portare a proposte concrete che vadano a soddisfare le attese e non le solite vane promesse o i labili programmi a cui è diventato sempre più difficile credere.

    3) Il combinarsi delle crisi rappresenta, come già scritto, un momento molto favorevole al cambiamento, purchè si scelga la via più efficace a partire da comprensibilità e concretezza. Il percorso elettorale, ovviamente non rinunciabile, non è al momento la scelta migliore, perchè troppo esposto a risultati incerti, fondato sulle promesse da campagna elettorale, sulle abilità e potenzialità cominicative, e che porterebbe cmq ad una frammentazione. Molto più adatto a cogliere le potenzialità del momento, il percorso costituzionale della Democrazia Diretta Propositiva che dventa Impositiva se ad esercitare gli artt 71 e 50 fosse una Sovranità Popolare Realizzata, non solo enunciata.
     
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    Vero: il NO del 4 dicembre sicuramente manca in moltissimi casi di consapevolezza sulla strada da seguire. Tuttavia preferisco guardare il lato positivo della medaglia: nonostante l'impalcatura di narrazioni finalizzata a presentare le politiche governative come nuove e dirompenti, buona fetta di cittadini ha avuto la perspicacia di non lasciarsi persuadere da questa messinscena.
    Il rigetto (sia esso stato causato dal Jobs Act, dalla "buona scuola", dallo Sblocca-Italia o da altri provvedimenti) denota comunque l'accorgimento della nocività dell'agenda antidemocratica testardamente perseguita dagli ultimi esecutivi.

    Per far comprendere che l'alternativa risiede nella Costituzione, e non in altre narrazioni, è sacrosanto avere delle proposte chiare. Nel testo da me elaborato ho elencato quelli che ritengo gli obiettivi minimi che qualsiasi democratico dovrebbe auspicare in questo contesto.
    Contesto il quale, ahimè, non è di facile comprensione né di facile risoluzione.

    Nonostante ciò, è possibile stimolare un approccio interessato alle nostre proposte sollevando interrogativi quali: "Come è nata l'attuale crisi economica?", oppure: "Siamo sicuri che il mercato valorizzi il merito, se si considera che attualmente un manager guadagna come 400 operai?".
    Non solo: dinnanzi a chi ritiene il settore pubblico una fucina d'inefficienze, si può partire da esempi chiari di successi della ricerca pubblica; in primis quasi tutti i componenti degli smartphone (dagli schermi tattili al GPS) per arrivare alla nascita di Internet. In tal senso, un testo a mio parere fondamentale per smantellare con efficacia la narrazione neoliberale è "Lo Stato innovatore" redatto da Mariana Mazzucato; autentica raccolta di esempi chiari, semplici e accessibili finalizzati a dimostrare la carica innovativa di quel tanto bistrattato settore pubblico.
     
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  13. Henri Schmit
     
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    " la fallacia di «riforme» che vedono nella democrazia un odioso ostacolo allo sviluppo,"

    Condivido pienamente. Ma non mi convince il resto.

    Forse serve pure una rivoluzione culturale. Ma non questa.

    La democrazia vera controlla l'economia; è quella corrotta ed inefficiente che non la controlla.

    L'ideologia che serve dovrebbe porsi al di là dell'antagonismo fra giustizia sociale e libertà individuale; se non si supera, la democrazia è impossibile, e allora non bisogna invocarla.
     
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    CITAZIONE (Henri Schmit @ 20/1/2017, 07:29) 
    . . . L'ideologia che serve dovrebbe porsi al di là dell'antagonismo fra giustizia sociale e libertà individuale; . . .

    Anche questa è una frase che merita di essere sottolineata.
    La vedrei bene a commento dell'Art.3 .

    Mi piace tra l'altro anche l'utilizzo non pregiudiziale della parola "ideologia": magari che la nostra politica degli ultimi trent'anni fosse stata più coerentemente ispirata ad un confronto fra sistemi ideologici esplicitamente dichiarati!

    Gira gira, parrebbe che qui quasi ognuno di noi abbia una provenienza di riferimenti ideali diversissima da pressoché tutti gli altri, ma che ognuno nessuno escluso si riconosca pienamente in quell'equilibrio che è ancora rappresentato dalla "vecchia" buona lettera costituzionale.

    Continuiamo così e secondo me fra poco diremo (nel caso io mi dichiaro già d'accordo) che in fondo in fondo persino il CNEL se costretto a funzionare bene è uno strumento essenziale di democrazia come luogo istituzionalizzato di confronto in materia di economia e di lavoro fra le cosiddette "parti sociali" :) .

    Alla faccia di chi voleva rottamare tutto.

    CITAZIONE (Socrates @ 18/1/2017, 14:37) 
    "Siamo sicuri che il mercato valorizzi il merito, se si considera che attualmente un manager guadagna come 400 operai?"

    Prendendo qui per buona la proporzione, potrebbe non scandalizzarmi che il manager guadagni come 400 operai, mi fa molta più impressione pensare che un operaio guadagni un quattrocentesimo del manager ;) ; in ogni caso la stortura veramente grave non mi sembra né nella retribuzione dell'uno né in quella dell'altro, ma nella perversione di un sistema finanziario che apprezza e premia il mantenimento del Cittadino/Lavoratore il più prossimo possibile alla soglia di povertà. Più o meno come in tempi pre-repubblicani.
     
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    Se ho ben compreso il messaggio di Schmit, credo che De Donno abbia già accennato alla risposta più acuta da fornire.

    La sensibilità critica del singolo cittadino - che compito del Comitato dovrebbe essere quello di sviluppare andando nelle scuole, proponendo iniziative, stimolando il dibattito pubblico - rappresenta la condizione per garantire la «pari dignità sociale» dei cittadini e il «pieno sviluppo della persona umana» prescritti dalla Costituzione (art. 3).

    Come ha scritto uno storico inglese, David Kynaston, «se la bandiera del thatcherismo era in ultima analisi la libertà dell'individuo, allora dobbiamo ammettere che negli ultimi anni tale libertà è stata così violentemente travolta, che è venuta l'ora di far ricomparire sulla scena la sua antica compagna di strada: l'eguaglianza».
     
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