Difesa dei diritti elettorali individuali contro lo stratagemma di liste o candidati bloccati

In seguito alla discussione fuori tema in un altro thread sono stato invitato a riformulare le mie osservazioi come discussione autonoma

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    Tutto giusto, tutto inutile.

    Tutti discorsi già fatti fino all'altro giorno e che ci hanno portato con inconcludenza a questo punto.

    La Corte Costituzionale non impedisce, i maggiori partiti hanno i loro interessi, la tal personalità ha la propria formula magica e la tal altra un'altra . . .

    Quello che sto cercando di dire è che forse in questo momento si è aperto uno spazio concreto di iniziativa politica -particolarmente adatto ad un movimento o un coordinamento non partitico che ci si volesse impegnare- per dire una cosa sola molto semplice e molto intransigente: vogliamo le preferenze sempre.

    Tutte le volte che c'è da votare per eleggere qualcuno vogliamo che ciò avvenga sempre e a qualsiasi livello con libertà di scelta fra più nomi. Punto.
    Su tutto il resto si discuterà, si litigherà, si faranno compromessi . . . , ma per amore di democrazia vogliamo le preferenze sempre.

    Lo so anch'io che ci possono essere mille modi per alterare lo stesso la vera volontà popolare giocando sul particolare sistema elettorale, sulle regole per le presentazioni delle candidature, sui collegi, sulle soglie, etc. etc. etc., ma intanto avremo messo giù un punto fermo ispirato ad alti ideali e ad un unico concetto molto semplice e comprensibile nel mezzo dell'ignobile marasma attuale.
     
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  2. Henri Schmit
     
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    Perfetto, è esattamente quello che sto dicendo.

    Eleggere democraticamente un'assemblea rappresentativa significa sempre esprimere preferenze individuali. Qualora non è così, l'elezione non è più democratica.

    Le ultime leggi elettorali hanno violato il principio fondamentale, la Corte costituzionale ha sdoganato la violazione come conforme alla costituzione e numerosi professori ('la dottrina') dicono che va bene così, anzi che è meglio così (cf. Massimo Villone sul sito di Libertà e Giustizia: www.libertaegiustizia.it/2017/06/07...stituzionalita/).
     
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    Proporzionale, maggioritario, tedesco, francese, premio di maggioranza, porcello, italico, sentenze della Corte Costituzionale . . .

    Se accettiamo di misurarci su questo piano, come è stato finora, non ne veniamo fuori.

    L'unico spazio politico che ci rimane è una battaglia popolare che si astenga da qualsiasi altro ragionamento e che si limiti ad affermare che vogliamo le preferenze sempre, vogliamo scegliere noi elettori i nomi delle persone da eleggere.

    Però piantiamola -e non me la sto prendendo con chi frequenta questo Forum, sia chiaro- piantiamola di giocare ai grandi legislatori, ai Soloni, a quelli che sostengono che una legge elettorale è migliore di un'altra. Avranno pure ragione, ma ormai è impossibile fare massa dietro a idee così divisive (e diciamoci pure così stucchevoli per i più).
    Parliamo solo di preferenze.
     
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  4. Gio Tomei
     
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    è una mia curiosità, vi pregherei di una risposta: il 5.6 ho scritto qui, tra Henri e Marco, una riflessione su questi temi senza nessuna considerazione. Ora, non ricerco consenso, ma dialogo per convergenza, considerando che, proprio per quanto dice Henry e per quanto scopre Marco, forse si potrebbe approfondire...quella che vi allego è la prima slide di presentazione di un insieme di scritti che, sull'osservazione della realtà, propone un modello tecnico operativo basato, sulla circostanza, irripetibile, secondo me, di recuperare lo Stato di diritto al servizio della comunità nazionale e non viceversa. Vi prego di supporre che non è uno sforzo tanto per essere l'ennesimo parolaio notista di turno, perchè quel che conta è che siamo maggioranza (silenziosa per troppo fracasso, e inerme per portato intellettuale, come se il lavoro, le deprivazioni, la sottrazione di diritti, la povertà, la mancanza di cura e di assistenza, i bisogni da soddisfare per rendere la vita possibile, abbiano bisogno di "intellettuali" e non di "popolo". L'aristocrazia di chi si barcamena tra avvertimento e sopravvivenza, finisce per commettere l'ultimo e irreparabile danno ai cittadini italiani, che poi siano di sinistra. di centro o di destra è un diritto-piacere che al momento non serve. Non c'è bisogno di firma, perchè l'urgenza, in questa fase è "come" fare, nell'indifferenza di chi lo fa, considerando che, da questa parte della barricata, siamo maggioranza assoluta e non conta "chi" tende a rendere sistema quel che serve per riequilibrare un altro sistema, ma fuori equilibrio.

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    Sì, sì, mi scuso per non aver dato subito il giusto riscontro, ma mi sembrava evidente che tocchiamo aspetti poco diversi, dicendo tutti sostanzialmente la medesima cosa.

    Tra l'altro l'importante contributo del 5 giugno scorso ha avuto la sfortuna di capitare in un momento particolarmente drammatico (se non altro nel senso di "teatrale") del dibattito nazionale.
    Invito anch'io a tornare a leggerlo: #entry609520370

    Per parte mia l'osservazione era e rimane che se spogliamo questa comune istanza democratica, oggettivamente veramente condivisa, di tutte le sue conseguenze, coloriture, declinazioni, parole d'ordine derivanti da culture politiche specifiche, proposte già lanciate di battaglie sociali finora non decollate, etc. etc. e riusciamo ad andare all'estremo distillato di una iniziativa estremamente semplice e comprensibile per chiunque, anche a costo che non sia organica (e persino a costo che non sia definitiva, potendo in futuro essere ancora aggirabile con mezzucci elettorali) del tipo "tutte le volte che c'è da eleggere qualcuno vogliamo le preferenze sempre", forse ce la si fa a raggiungere nel Paese numeri nell'ordine dei milioni, tali da non poter rimanere inascoltati.
    Questo anche per dire che a me il Popolo non dispiace e che in certi passaggi può capitare che il compito di chi ha la ventura, l'attitudine o la capacità di fermarsi un attimo a ragionare potrebbe non essere sempre la ricerca di un buon sistema ideale nelle sue articolazioni, ma qualche volta anche solo la difesa strenua di qualche principio molto semplice e chiaro, anche se da solo insufficiente.

    Edited by Marco De Donno - 16/6/2017, 16:23
     
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  6. Gio Tomei
     
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    L'auspicio resta sulla dimensione dell'esecizio del diritto-potere della sovranità popolare, come riferimento cui applicare una metodologia condivisibile, affinchè siano i cittadini a proporsi come eleggibilia al parlamento e che, sempre i cittadini, esprimano chi di loro sia degno di ricevere il mandato indiretto di rappresentanza dei diritti comuni. Si può fare se si condivide, sul presupposto che l'organizzazione tecnica è preventiva e precede qualsiasi legge elettorale che un Parlamento e un Governo in scadenza tentano di rendere vincolante....Per dire che bisogna essere d'accordo e non notare solo, che poi siano molti i "centri" di una visione operativa basata su regole uniche e condivise rappresenta un buon modo di democrazia partecipativa su cui fare affidamento e a cui aggiungere, in corso d'opera, nuove forma di democrazia deliberativa. Anni di valutazioni speculative sul diritto dei cittadini ad attuare la Costituzione in Parlamento hanno prodotto la convinzione che il metodo c'è, è pre elettorale e fattibile e il risultato del No dei Comitati, lasciava sperare, a parte la natura umana. Comunque grazie per la nota.
     
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  7. Henri Schmit
     
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    Avevo visto con qualche ritardo il lungo commento di Gio Tomei, quando Marco De Donno, che svolge un importante ruolo di moderatore, aveva già replicato più volte e quindi mi non sembrava opportuno aggiungere altra discussione; diciamo che mi sono trattentuo, a titolo di autocensura. Ho idee non rigide ma molto precise, ormai conosciute, e mi trovo facilmente in disaccordo con le opinioni più correnti.

    Domani rileggerò il commento di Gio del 5 giugno e formulerò le mie osservazioni.
     
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  8. Henri Schmit
     
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    Ecco quanto promesso a Gio Tomei:

    L’intervento è interessante, simpatico, molto ambizioso, ma anche vago, poco concreto, poco preciso. Bisogna distinguere due cose: 1° le regole per far funzionare correttamente la democrazia costituzionale e 2° il progetto politico di un (nuovo) soggetto politico da far nascere, forse meno nella scia della vittoria del no il 4 dicembre 2016 (sono passati già più di sei mesi) che in previsione delle prossime elezioni. Il primo discorso è teorico, da studio, il secondo pratico, concreto, politico. Personalmente mi occupo solo della parte facile, cioè teorica, lasciando quella difficile a chi ha mezzi (contatti, organizzazioni, strumenti di comunicazione etc) diversi dei miei. Il secondo lavoro è difficile perché presuppone che chi lo porta avanti sappia A. proporre programmi forti e convincenti (magari anche di riforma istituzionale, elettorale = punto 1°), e B. mediare, mettere d’accordo un ampio numero di persone e di organizzazioni esistenti, spero per vincere. Sostanzialmente per creare ed agire si parte sempre da quello che esiste già. Osservo solo criticamente che non vedo nessuno in grado di fare quello che sarebbe necessario per far nascere, crescere e vincere un quarto polo. I tre poli esistenti peraltro si assomigliano strutturalmente molto: sono tutti i tre organizzazioni monocratiche per conquistare il potere e spartire i vantaggi fra i fedeli del capo. Comunque sia, serve sempre la parte teorica (punto 1°), la costituzione, la sua interpretazione ufficiale (della Corte e della dottrina dei costituzionalisti) e alternativa (mi colloco qua).

    Aggiungo alcune osservazioni puntuali all’intervento di Gio Tomei:

    Sono d’accordo che non si può dare la colpa al popolo ignorante; personalmente penso che siano molto più ignoranti (ed arroganti) le così dette élites, i professoroni, gli esperti, i giornalisti, i capi, i rappresentanti, deputati e senatori, non tutti, ma la stragrande maggioranza.

    Non sono invece d’accordo su numerosi punti di merito: per esempio le accuse contro le agenzie di rating; o c’è stata frode (a vantaggio di qualcuno che si è arricchito illegalmente in qualche modo), o è tutto pretestuoso. Il potere economico, quello finanziario e ora pure quello digitale sono problemi reali che necessitano un’analisi obiettiva e costruttiva, non delle contestazioni superficiali le quali, se va bene, non cambiano nulla, se no, agevolano chi è la causa del problema e ci guadagna. Un nuovo polo farà fatica a nascere proprio per questa ragione: i pregiudizi di una sinistra della contestazione pura e della superficialità non permettono di creare un movimento progressista moderno, insieme sociale e liberale (parola che in Italia, ma solo in Italia, ha un significato negativo, legato ai monarchici e al neo-liberismo). Altrove si prova a pensare come coordinare libertà e equità, non a opporre i due obiettivi come incompatibili. I rischi dello strapotere digitale per esempio minaccia tanto la libertà (all’informazione) quanto l’equità (l’evasione internazionale) e la giustizia (uso anonimo dai criminali, dai terroristi). Tanto che non si vuole ammettere questo, si aiuta solo quelli che già adesso occupano il potere. Bisogna aprire gli occhi e la mente, guardare quello che succede nel mondo; ma non basta invocare Mélanchon e Corbyn che hanno perso e continueranno a perdere. Temo che anche la Falcone e Montanari (menzionati nell’intervento di Gio) si siano arroccati su posizioni perdenti.

    Tutto il discorso teorico della democrazia deliberativa (concetto vago che non mi piace) m’interessa. Ma non bisogna inseguire il modello e gli slogan del M5S. A parte alcuni elementi positivi, è roba fasulla, truffaldina. Contestano per esempio il libero mandato dell’art. 67. Se andassero avanti (e il rischio è molto alto che ci riescano), avremmo solo un problema in più, il terzo in 20 anni.

    Anche qua bisogna distinguere come mi sembra che Gio faccia fra (privato) quello che un movimento fa per libera scelta e (pubblico) quello che comunque vale come regola che garantisce tutti. A me interessa quest’ultimo aspetto, quello che tutti devono rispettare. I singoli movimenti e partiti fanno ciascuno come meglio crede, per vincere, nel rispetto delle regole pubbliche. Ognuno è libero di selezionare i suoi candidati come vuole (nominati dai capi, selezionati da un direttorio, eletti con primarie, scelti attraverso una piattaforma digitale), ma alla fine quando si va a votare devono valere solo le regole stringenti della legge, che vale per tutti e che garantisce anche quelli non associati nei partiti. In Italia questa regola è violata dal 2005, ora pure con il benestare della Consulta.

    Una parola sull’opposizione fra democrazia rappresentativa e democrazia diretta. La seconda non esiste (a parte in piccole comunità dove tutti si possono radunare frequentemente e con facilità). Tutto è rappresentativo, anche l’iniziativa popolare con referendum che parte dai suoi promotori che appunto rappresentano tutti quelli che firmano per sostenere l’iniziativa. Nel 1947 i costituzionalisti più bravi fra i costituenti hanno proposto anche l’iniziativa popolare propositiva, ma alla fine il testo ha accolto solo quello abrogativo, reso in seguito più difficile da leggi ordinarie e dalle interpretazioni della Corte. Analizzato correttamente il diritto d’iniziativa propositiva in tutti i campi è solo uno strumento di più per qualsiasi minoranza (o numero di cittadini) di poter far prevalere la loro preferenza su singoli punti a patto di convincere la maggioranza. Per implementare questo strumento d niziativa popolare propositiva vincolante servirebbero regole formali rigorose (firme, tempi, procedura che coinvolge il parlamento, modalità di dibattito pubblico e di campagna referendaria, quorum, maggioranza).

    L’iniziativa popolare con referendum, anche propositiva, e in tutte le materie, anche costituzionali, ma a condizioni precise ed esigenti, ci deve essere, se si vuole che la sovranità dei cittadini (aricolo uno) sia effettiva. Si tratta di uno strumento straordinario che permette ai cittadini di controllare che i governanti (legislatori e giudici costituzionali) non abusino dei loro poteri e di imporre se necessario la loro preferenza collettiva (verdetto popolare) a quella dei rappresentanti eletti (legge non censurata dalla Corte).

    Il nesso costante (anzi periodico) e ordinario fra cittadini e rappresentanti sono le elezioni. Non bisogna accettare restrizioni ai diritti dei cittadini di scegliere loro. Rinunce o limiti possono modificare l’intero sistema: in particolare liste bloccate o candidati bloccati trasformano la natura del mandato dei parlamentari, li rendono responsabili non verso gli elettori ma verso i capi dei partiti.

    Mi sembra aver toccato i punti principali dell’intervento di Gio Tomei, valutando tutto dal mio punto di vista, secondo quello che io reputo essere le priorità.

    Edited by Henri Schmit - 22/6/2017, 12:41
     
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